L'associazione
Calanchi del Marchesato nasce da un problema e si trasforma subito in una grande opportunità. Una discarica sarebbe dovuta sorgere tra le dune del Marchesato, che per la loro origine argillosa bene si sarebbero prestate ad accogliere rifiuti di ogni ordine.
Questo pericolo incombente, ha scosso gli animi di un gruppo di giovani locali, che appresa la notizia della minaccia, hanno deciso di fare un sopralluogo sui calanchi e una volta raggiunta la balconata che affaccia sulle famigerate “dune gialle” citate da Pasolini nel reportage “La lunga strada di sabbia”, si sono resi conto che quel posto così affascinante avrebbe meritato ben altra considerazione visto il particolare valore geologico, paleontologico, paesaggistico, storico e culturale.
Così nasce Calanchi del Marchesato, movimento di tutela e valorizzazione, poi divenuto associazione di promozione sociale, un gruppo vulcanico con idee semplici e rivoluzionarie, al quale hanno subito aderito singoli cittadini, associazioni ed enti locali dell’area di riferimento.
L’associazione promuove in questi luoghi iniziative socio-culturali finalizzate a favorirne la fruizione e la conoscenza sia da parte delle comunità locali che da circuiti nazionali ed internazionali che guardano al turismo sostenibile, lento ed esperienziale, nonché attività di studio e di ricerca, collaborazioni con enti e associazioni; organizza escursioni, visite guidate, eventi, mostre, concerti e letture, spettacoli teatrali e laboratori d’arte nel rispetto della natura e dell’ambiente.
Le location sono le più disparate e a fare protagonisti sempre calanchi e biancane, sculture di argilla dal colore grigio-azzurro con una superficie rugosa simile alla faccia della luna, alcune più salate altre dolci.
Con le sue iniziative l’associazione vuole coinvolgere e sensibilizzare le comunità locali e non solo, alla scoperta dei calanchi, facendo rete con numerose realtà che si impegnano nella tutela dell’ambiente e nella promozione del Marchesato Crotonese negli itinerari del turismo lento ed esperienziale, per mostrare a tutti quanta bellezza c’è davanti ai nostri occhi, affinché non si parli più di una discarica tra i calanchi.
Paesaggio e Calanchi nei dintorni di Cutro
Un paesaggio unico e lunare, caratterizzato da imponenti biancane e calanchi a lama di coltello, incastonati in centinaia di vallecole di varie pendenze e dimensioni, che in alcuni tratti, in prossimità del centro urbano di Cutro, assumono le sembianze di una vera e propria forra, quella che Ugo Voce, nel dizionario del Dialetto Cutrese, definisce “il nostro piccolissimo canyon”.
Dolci colline che degradano verso il mare, percorribili a piedi, in bicicletta ed a cavallo; montagne di argilla circondate da siti di interesse comunitario come l’area SIC Stagni sotto Timpone S. Francesco, inserita nella Rete Natura 2000, e ZPS come Valle del Tacina, Valle Niffi e Monte Fuscaldo, e vicina ad uno tra i più importanti punti stratigrafici globali, il GSSP di Vrica a Crotone; e poi ancora, le spiagge rosse e argillose di Isola di Capo Rizzuto e Capo Colonna, incastonate nell’incantevole Area Marina Protetta di Isola Capo Rizzuto.
Un paesaggio davvero unico. Particolarmente in primavera, quando le alture coltivate a grano assumono via via una colorazione cangiante, quasi da tela impressionista. Sul paesaggio nei dintorni di Cutro, in molti hanno scritto pagine piene di entusiasmo, vale la pena ricordare lo studioso prof. Salvatore Foglia, che in un suo saggio del 1956, scriveva: ”L’estetica è nulla, il paesaggio è monotono ed uniforme, bello è il mare di grano e di biade, belli i laghi di fave e favette. Occorre un gusto agricolo, un gusto cerealicolo. In tal caso nessun paesaggio è più bello e meraviglioso di quello di Cutro. Mare di verde d’inverno e nella primavera. Mare d’oro in estate. Mare di vecchio argento per i maggesi estivi ed autunnali”.
A Cutro tutto parla di calanchi e di argilla. La stessa origine del nome della cittadina, secondo molti studiosi, deriva proprio dal fatto che l’abitato sorge su una sorta di altipiano, o meglio su un terrazzo argilloso formatosi attraverso l’accumulo di “depositi marini del Pleistocene”. Il Pleistocene rappresenta una delle fasi più antiche nella scala dei tempi geologici, con il quale si misura la datazione terrestre, quella che va 2, 58 milioni di anni a 11mila e 500 anni.
Provate a fare un giro su internet. Digitate sul link “i terrazzi del Pleistocene del crotonese” e scoprirete un mondo ai più sconosciuto. Leggerete dell’importanza del “terrazzo di Cutro”, il più importante dei quattro presenti nel crotonese, e non solo perchè il più alto (fino 242 m. slm) e il più esteso, ma anche per via della particolare stratificazione che prende il nome scientifico di argilla marnosa di Cutro e che caratterizza anche gli altri tre terrazzi, vale a dire di San Leonardo di Cutro – Le Castella, Campolongo – Isola Capo Rizzuto e Crotone – Capocolonna, con il geosito di importanza mondiale di “Vrica”.
Troverete decine e decine di studi, pubblicazioni, tesi di dottorato, ricerche di docenti di prestigiose università italiane (Roma, Torino, Pisa, Napoli, Palermo, tanto per citarne alcune). Scoprirete che studiosi e docenti universitari provenienti da ogni parte d’Italia, sin dalla fine dell’800 studiavano i calanchi cutresi per capire come erano fatti e per raccogliere fossili perché attraverso un sistema di datazione si riusciva a stabilire (stime) in che periodo quelle terre sono emerse dagli abissi marini.
L’argilla, per molte famiglie è stata importante occasione di lavoro, almeno fino agli anni ’80 del secolo scorso. I vasai, localmente definiti “i pignatari”, per secoli con la maestria delle loro mani hanno prodotto pignate, gumbuli, graste, salaturi, giare, carusiaddri e altre decine di utensili utili per la cucina. Senza dimenticare le costruzioni che necessitavano di mattoni.
Di questo paesaggio e dei Calanchi, in particolare, si parla diffusamente sin dall’estate del 1959, quando Pier Paolo Pasolini, una delle voci più potenti e profetiche della cultura italiana del Novecento, ne scrisse nel reportage “La lunga strada di sabbia”, pubblicato sulla rivista Successo, contribuendo con le sue parole, a portare nel mondo la storia e l’immagine di Cutro in tutta la sua complessa e disperante bellezza e umanità.
“Poi la strada lascia il mare e s’interna in una zona, gialla, con le colline che sembrano dune immaginate da Kafka. Il tramonto le vela di un rosa di sangue. Dei contadini ritornano a cavallo, o su certe vecchie carrette lentissime, per la strada infernale, senza un albero intorno. Vado verso Crotone, è la zona di Cutro. Ecco, a un distendersi delle dune gialle, in una specie di altopiano, Cutro. Lo vedo correndo, in macchina: ma è il luogo che più mi impressiona di tutto il lungo viaggio. È, veramente, il paese dei banditi, come si vede in certi western. Ecco le donne dei banditi, ecco i figli imberbi dei banditi”.
Non è davvero il caso di considerare il mare di polemiche che suscitò lo scritto di Pasolini e la conseguente querela per il reato di diffamazione presentata dal sindaco e dal consiglio comunale di Cutro dell’epoca.
Sull’argomento lo scrittore friulano ritornerà molte volte, come pure intensificherà le sue visite nel paese dei “banditi”, anche per chiarire la vicenda. Ma soprattutto, superato le comprensibili polemiche, ci ritornerà per girare, con la partecipazione di alcuni protagonisti e comparse del luogo, alcune significative scene del film “Il Vangelo secondo Matteo”. descrivendo così la scelta della location così parla della scelta della location: “Il paesaggio calabrese si esalta, con i suoi meravigliosi contrasti naturali, in cui a dolci pendii si contrappongono violenti sbalzi rocciosi”.
